9.9.09

Sistemi caotici


Il concetto di sistema viene applicato ai campi più disparati, dalla fisica alla biologia, alla sociologia. Tra domini così diversi, emergono similitudini, isomorfismi tali da giustificare una visione generale in termini appunto di sistemi. "Ad esempio esistono isomorfismi tra sistemi biologici ed "epiorganismi" (Gerard) come le comunità di animali e le società umane" (L. von Bertalanffy).


Le teorie generali parlano di sistemi chiusi e sistemi aperti, non che io sappia di sistemi caotici. Quando si osservano le società umane e ci si imbatte in quella italiana, ci si rende conto che il suddetto paradigma, nella sua impostazione classica basata sulla distinzione tra sistemi chiusi ed aperti, è insufficiente a spiegare tale caso anomalo.

Non essendo un cultore delle complessità organizzate, è con grande imbar

azzo che mi vedo costretto a proporre la revisione della teoria generale dei sistemi, in favore di un suo ampliamento, che consenta di spiegare il fenomeno Italia.

Credo che allo scopo sia necessario introdurre nella teoria una nuova categoria, quella dei sistemi caotici. Contraddizione in termini, in quanto caos è non-sistema; credo invece che in Italia il regnante caos sia proprio sistematico. Mi dispiace (e chiedo profondamente scusa alla comunità scientifica) turbare i lavori teorici sulle complessità organizzate, ma non vedo altri modi per spiegare il curioso caso Italia.


L'organismo Italia è costituito da componenti elementari, gli esseri umani, gli individui, che però a sé stanti non hanno consistenza e rilievo. Non li caca nessuno, per dirla con il linguaggio indigeno; praticamente non esistono. Le prime componenti significative sono a mio parere le loro aggregazioni operative, i gruppi o clan. Le famiglie biologiche, ma anche le famiglie mafiose, anche gli ordini professionali o religiosi, o le associazioni sportive, i partiti politici, sono tutte aggregazioni di primo livello.


Ad un livello superiore troviamo le istituzioni. Questo è il salto che in genere trasforma un aggregato umano in società umana e che in Italia però sembra non essere mai avvenuto. Nelle istituzioni infatti le aggregazioni di primo livello si sciolgono e scompaiono, sostituite appunto dalle istituzioni stesse. Ma in Italia questo non accade: nelle istituzioni i clan rimangono presenti ed attivi, fino a vanificarle.

La differenza tra clan e istituzioni sta nel grado di complessità dei rapporti tra essi possibili. Negli aggregati di clan i rapporti sono elementari, primordiali: bbuono/no-bbuono, amico/nemico, sinistra/destra. Nelle istituzioni i rapporti sono variegati, ricchi di forme e ruoli: le specializzazioni si possono sviluppare, arricchendo, anche economicamente come ci ha spiegato Adam Smith, le comunità umane.

Viceversa nei rapporti primitivi tra clan esistono solo attitudini competitive e predatorie, non quelle collaborative e specializzate tipiche delle società umane istituzionalizzate.


Quindi l'unica forma di relazione tra i gruppi sociali sono i conflitti. L'Italia conosce solo i conflitti, è fatta di conflitti. E' l'unica forma di relazione nota (oltre all'appartenenza, speculare). La si apprende all'interno del clan primario, la famiglia, la si assorbe col latte materno. Il caos, il conflitto, sono l'unica dimensione esistenziale, il senso della vita. Lotta continua sarà ! Amen.


Una miriade di clan (non istituzioni integrate collaboranti !) opera nella gestione (non superamento !) degli innumerevoli conflitti tra i clan, compresi gli stessi clan che dei conflitti si occupano, in quando essendo la nostra una società disarticolata, piatta e disponendo quindi di un solo livello, anche essi sono inevitabilmente presi dal vortice dei conflitti.

Ogni giorno i mass media ci coinvolgono emotivamente nei conflitti istituzionali (ai quali essi stessi in quanto clan partecipano attivamente), mostrandoci le cosiddette "istituzioni" in conflitto tra loro (in realtà clan con ruoli istituzionali, presentati ipocritamente come super partes, ma percepiti e fatti percepire via, via, come amici o nemici). Insomma il teatrino della politica, che come una droga ci intossica.

In definitiva la dinamica sociale italiana opera esclusivamente al primo ed unico livello: non esiste un livello superiore, istituzionale, che lo trascenda. Non ne siamo culturalmente (geneticamente ?) capaci. Così è.


Una spiegazione di ordine storico può trovarsi nel ripetuto e fallito tentativo di creazione dello stato italiano, dai primi remoti tentativi ad oggi, sempre e con successo ostacolati dalla chiesa cattolica.

Una spiegazione culturale dovrebbe esserci: profilo matriarcale delle culture mediterranee, padre infantile e madre irresponsabile ?

Una spiegazione biologica ? Nel DNA ? Chissà ?


Inoltre il sistema Italia è sistema chiuso, nel senso che ha nella teoria generale. Vuol dire che non avvengono scambi in entrata o uscita con altri sistemi. Lo stato italiano fa parte della comunità europea, ma non si vedono assorbimenti culturali, né esportazioni di valori domestici verso gli altri paesi della comunità (per loro fortuna!), come dimostrano le numerose e croniche inadempienze verso le normative comunitarie. La nostra presenza in Europa è di facciata, non sentita né vissuta profondamente. Quindi non c'è da sperare in una contaminazione positiva della nostra cultura. Sistema chiuso.


Altre speranze di evoluzione dal caos non ne vedo. Per fortuna !!! Immaginate se un giorno per miracolo cessasse la litigiosità nazionale. Sarebbe un vero disastro economico e sociale: un esercito di avvocati disoccupati, le innumerevoli polizie, pubbliche e private, e le amministrazioni, nazionali e locali, vistosamente ridimensionate, i commercialisti a spasso, mediatori e faccendieri scomparsi, e così via per tutti i professionisti e operatori del caos, praticamente quasi tutti gli italiani.


Ebbene sì, abbiamo bisogno del caos !!! Amen.



6 commenti:

  1. Divertente, ma anche serio.

    Divertente, ma anche serio. Il problema che poni è molto vasto, per approfondirlo adeguatamente e cercare di dare delle risposte ci sarebbe da scrivere tanto, ma davvero tanto e non è certo il caso. Faccio quindi solo un paio di rapidissime considerazioni. Tu dici che se si superasse l'italica litigiosità sarebbero guai: avremmo un esercito di poliziotti, avvocati giudici disoccupati, può essere ma, siamo sicuri che un caso simile riguardi solo l''Italia? Hai presente "La favola delle api" del vecchio Mandeville? Beh, il Mandeville sostiene proprio ciò che tu sostieni: spesso i vizi privati sono pubbliche virtù ed il benessere comune nasce dalla immoralità dei singoli. La tesi è discutibile, ma, obiezioni a parte, Mandeville non si riferiva specificamente all'Italia, che ai suoi tempi neppure esisteva come stato unitario. Ed ancora, la butto li senza pretendere che sia una risposta esaustiva, siamo davvero certi che la struttura istituzionale italiana non sia a sua volta causa di caos? La nostra costituzione è davvero quel capolavoro giuridico di cui si fanno tante ciance? O è lecito dubitarne?
    Mi fermo se non dovrei fare uno dei miei interventi chilometrici che, me ne rendo conto, devono rendermi poco simpatico a molti.
    Bello comunque il tuo scritto. Ti saluto. Giovanni.

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  2. Grazie dell'apprezzamento Giovanni.
    Inserito da vento il 11 Settembre, 2009 - 12:11
    Hai perfettamente ragione a pensare che le istituzioni italiane siano fonte di caos.
    Secondo me proprio perché non sono vere istituzioni, ma aggregati di clan, o se preferisci istituzioni "possedute" da clan, che quindi operano come tali, secondo criteri pre-istituzionali.
    La costituzione, ma anche tutte le leggi, sono orpelli appesi alle pareti, per far vedere all'esterno che siamo una società normale e non tribale come l'Afganistan, società cui assomigliamo assai, nonostante le apparenze.
    Io ne faccio una questione evolutiva, anzi non-evolutiva: la nostra è rimasta, nella sua essenza, una società tribale. Varie culture o civiltà si sono succedute nel "suolo italico", lasciando grandi vestigia che commuovono il turista colto che sa capirle. Ma il popolo che vi risiede ha perso il treno della evoluzione, certamente culturale, se non addirittura genetica. Costituiamo una enclave culturalmente anomala in territori europeo, anche se forse non siamo soli e penso ai paesi balcanici.
    Ciao Vento

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  3. quello che dite
    Inserito da Irene il 12 Settembre, 2009 - 10:36
    mi sembra fantapolitica. Partite da una premessa (l'Italia non è una nazione ma un aggregato di clan) che non dimostrate e credo non sia dimostrabile scientificamente. Però ci sono dei fatti che avvalorano il sentimento di nazionalità presente negli italiani. Quando Bossi disse ad una signora che cosa doveva fare con il tricolore, ci fu una grande fioritura di bandiere tricolori su balconi e finestre. L' Italia è uno Stato abbastanza recente ma è una nazione da moltissimo tempo. Se non ci fosse stato negli italiani il senso di appartenenza ad una nazione non ci sarebbe stato il Risorgimento. La Costituzione non è un orpello ma un aggregato di regole permeate da un forte sentimento civile e politico. Si apre con un bellissimo articolo: "L' Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". L' articolo 21 assicura la libertà di pensiero e di informazione e un altro articolo recita:
    l' Italia ripudia la guerra" Viene usato un verbo forte: ripudiare, tratto da un antico diritto matrimoniale. Ripudiare, respingere con disgusto. E si capisce la ragione di un verbo così forte.
    L' Italia usciva da una guerra che era costata tantissimi morti, tantissime devastazioni che avrebbero richiesto tempi lunghi per la ricostruziolne. E dunque questo articolo esprime la volontà e l' impegno dei Padri Costituenti, rappresentanti del popolo italiano, di mettere fuori dalla storia
    la follia della guerra. Poi......la storia la sapete e qui il discorso diventerebbe molto lungo.
    Vi saluto. Irene.

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  4. Inserito da vento il 13 Settembre, 2009 - 17:53
    Personalmente preferisco le virtù praticate alle virtù declamate. Impegni e promesse non costano niente e infatti caratterizzano lo stato italiano che irresponsabilmente sottoscrive sempre impegni che poi non è mai in grado di rispettare (es. trattato di Kyoto). Un comportamento che tra persone si definisce infantile, riferito a uno stato potremmo dire demagogico. Ed è la radice del buonismo ipocrita che ottunde le menti, specie a sinistra.
    Ciao.
    vento

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  5. 'Non li caca nessuno'
    Inserito da Io il 13 Settembre, 2009 - 17:57
    è paradossalmente la frase più tragica, più emblematica e più comica di questo splendido articolo. Mi ha fatto davvero ridere di cuore.
    La non appartenenza a clan prevede il mancato utilizzo di pratiche fondamentali in Italia quali la raccomandazione, il favoritismo ed il nepotismo. Diciamo quindi che chi non è aggregato ai clan ha difficoltà ad integrarsi nel sistema che è solo apparentemente caotico, ma ha invece una sua logica in un contesto illogico quale l'Italia.
    Es:
    Ho studiato scienze dell'educazione e vorrei lavorare in tale ambito, ma non appartenendo ad altri clan (chiesa o partito) che la mia famiglia (che neppure appartiene ad altri clan), ho mandato i curriculum alle aziende ed al comune ottenendo tali risultati:
    1) Per gli istituti che richiedono educatori dovrei aggregarmi al clan della chiesa (me l'ha detto chi mi ha fornito gli indirizzi degli istituti e cioè: uno che ci lavorava e che si è iscritto ad una associazione cattolica per entrare a lavorare in tale istituto ed uno che sta collaborando da esterno e che ha dovuto fare la stessa cosa sotto consiglio del direttore dell'istituto). Ma non sono cattolico.
    2) Per quanto riguarda il comune, il sindaco mi ha già comunicato che se non appartengo al suo partito non se ne fa niente. Ed infatti educatori non ancora laureati ma iscritti al partito hanno vinto i concorsi a cui ho partecipato anch'io.
    Cosa mi resta? Compromettermi con l'aggregazione ad un clan. Oppure: a) sperare di diventare uno scrittore che vive di ciò che scrive (ne convieni che non è semplice) b) continuare a fare il cameriere (ma dovrò operare un grande lavoro di autoconvincimento per farlo diventare il lavoro che preeferisco) c) Sperare che il sistema arrivi ad avere stretto bisogno di me al punto di non occuparsi più della mia appartenenza a clan.
    Quindi come vedi il sistema non è caotico, altrimenti non ci sarebbero vie di uscita praticabili o possibilità di prevedere il modo in cui il sistema si comporterà nei nostri confronti. Le vie ci sono, il problema è che non sono sostenibili per chi non vuole fingere appartenenza ad un gruppo o per chi non ha conoscenze o potere sufficienti per entrare nel meccanismo senza dover rinunciare ai propri principi.
    Tutto ciò è dato dalla forte influenza che il familismo attua sulla psicologia dell'Italiano medio. Il sistema chiuso Italia è estensione del familismo che non è altro che entropia o autoreferenza che dir si voglia. Dar credito agli altri (come teorizzava Levinas) non è da italiani e quindi cerchiamo di fregarli prima che ci freghino anche se magari non ne avevano l'intenzione.
    Non c'è possibilità di sviluppo se non usciamo fuori da queste logiche, altro che lotta alla mafia, mafioso è l'atteggiamento di quasi tutte le associazioni italiane.

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  6. Caos sistematico ?
    Inserito da vento il 13 Settembre, 2009 - 19:57
    A giocare con le metafore, ci si può far male !
    Hai perfettamente ragione, il nostro è un sistema solo apparentemente caotico. D'altra parte ammetterai che tutti, parlando dell'Italia, non vedono che caos, inteso come disfunzione di istituzioni, servizi, ecc.. Ho quindi usato la parola caos in questa accezione generica, per indicare un sistema che non funziona e non evolve.

    Occorrono precisazioni, per evitare malintesi. Se si intende caos in senso fisico, nell'ottica dell'entropia, quindi riferito a stati di non-equilibrio termo-dinamico crescente, allora lo scenario è diverso, opposto, anche nelle analogie, come giustamente osservi tu. Tanto per alimentare le nostre innoque chiacchiere, cito da profano brani da internet, sperando di averli capiti e di non aumentare la confusione.

    "Secondo alcuni (Prigogine e la teoria della complessità crescente) sono strutturalmente più stabili quei sistemi che si collocano molto lontano dall’equilibrio termodinamico. Sono questi sistemi i migliori candidati a partecipare al gioco dell’evoluzione della materia verso strutture sempre più organizzate. Ilya Prigogine li chiama "sistemi dissipativi", perché possono permettersi il lusso di produrre entropia negativa, detta anche neghentropia, insomma ordine, dissipando a piene mani l’energia e l’entropia di una fonte gratuita, costante e lontana. La biosfera del pianeta Terra è il miglior esempio di sistema dissipativo: il flusso continuo di energia (e di materia) proveniente dal Sole, la mantiene stabilmente lontana dall’equilibrio termodinamico, cosicché essa può sbizzarrirsi nella creazione di neghentropia, sotto forma di strutture ordinate e di organismi viventi.

    Negli ultimi anni, infatti, Ilya Prigogine propone quei particolari sistemi termodinamici che lui definisce dissipativi come paradigma e base strutturale della complessità, di tutta la complessità, che incontriamo in natura. Tutto ruota, nella sua visione, intorno alle fluttuazioni, cioè a perturbazioni casuali che si verificano nei sistemi molto lontani dall’equilibrio termodinamico.
    Così che le fluttuazioni critiche, sostiene Prigogine, possono essere considerate il motore dell’evoluzione in natura perché, attraverso un progressivo allontanamento dall’equilibrio termodinamico, determinano una crescita spontanea e stabile di organizzazione. "

    Ammesso che tali teorie diventino vere, cioè dimostrate, tali sistemi 'creativi' sono anche sistemi aperti. Quindi se volessimo continuare a giocare con le (legittime, ma rischiose) analogie tra campi lontani (come fisica e sociologia), non potremmo associare il sistema Italia a tali tipi. Direi piuttosto che siamo al tipo opposto: Italia è un sistema chiuso e statico, quindi metaforicamente in equilibrio termo-dinamico, con tasso di staticità-immobilismo superiore alla media delle società europee. Quindi quello che impropriamente ho chiamato caos, è in realtà meglio espresso da termini come incompiutezza, inefficienza, chiusura, staticità, rigidezza, non vitalità e qui ci sento purtroppo sapore d'Italia.

    Per concludere, grazie alla tua osservazione mi pare di aver capito che una società non è un sistema fisico, né semplice, ma organico e complesso, vivo. Quindi mentre in un sistema fisico semplice, l'equilibrio termo-dinamico rappresenta l'ordine, il non caos, in un sistema organico complesso, l'equilibrio termo-dinamico evoca morte, quindi caos e fallimento, ma in senso organico, esistenziale.

    Mi sto arrampicando sugli specchi ?
    Comunque ti sono molto grato per l'apprezzamento alla frase 'non li caca nessuno', che, con te, penso sia la più illuminante sulla non invidiabile condizione esistenziale della persona nel nostro paese. L'individuo è la vera minoranza, il grande assente nel Belpaese.

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