27.12.08

Horror naturae: flora e fauna, erbacce e bestiacce. (1992)

Gentile Direttore,
E’ autunno: sistemata la flora, ora tocca alla fauna.
Dopo il tradizionale rogo estivo dei boschi, ora inizia il massacro invernale degli animali selvatici. Questo è l'allegro ciclo annuale della distruzione dell'ambiente naturale in Italia.
Vivo nella campagna toscana ed ho modo di osservare quotidianamente l'atteggiamento di molti italiani verso la natura: un misto di indifferenza e disprezzo. Ma quello che trovo più sconcertante è l'analogo atteggiamento di coloro che hanno le massime conoscenze e responsabilità, come politici e giornalisti.
Il fallimento del recente referendum su caccia e pesticidi non ha suscitato in coloro che si occupano delle cose pubbliche la minima reazione ed esigenza di riflessione. Si parla fino alla nausea di cose futili e si ignora uno scontro politico che ha diviso il paese in due, oltre a rappresentare il primo allarmante esempio di boicottaggio programmato e dichiarato di una consultazione popolare.
Si direbbe che qualcosa connesso con i temi della caccia e dell'ambiente naturale in generale, spaventi politici e giornalisti, spingendoli al silenzio.
Che siano tutti cacciatori ? O davvero in Italia natura e ambiente non interessano proprio a nessuno, se non come argomenti di conversazioni salottiere e convegni, pretesto per trovare spazi politici ? E con quale coraggio i politici italiani vanno poi a criticare altri paesi, dove la distruzione della natura è almeno motivata da concrete necessità economiche e non da stupide e gratuite abitudini ?
Eppure Lei sa molto meglio di me quanto questi temi siano divenuti politicamente determinanti nei paesi europei più evoluti e più ancora negli USA, dove di recente il Segretario di Stato ha dovuto rinunciare ad una battuta di caccia in Mongolia, travolto dalle critiche.
Questo fa pensare e sperare che altrettanto avverrà in Italia, dove del resto già diciotto milioni di cittadini hanno espresso, tra molte difficoltà, il loro sdegno verso certe pratiche.
Torno a chiedermi e, gentilmente, a chiederLe perché politici e giornalisti italiani siano così muti, invece di farsi interpreti e sostenitori di un nuovo e sempre più diffuso modo di sentire i temi in questione, assumendo un ruolo attivo e formativo di fronte all'opinione pubblica.
Le sarei infinitamente grato se mi facesse conoscere la sua opinione.
Distinti saluti

Povero direttore, non può rispondermi. Perché ?
Paura. Giornalisti e soprattutto politici sopravvivono cavalcando interessi e sentimenti forti, forti talvolta nel senso più brutale del termine.
Non c’è dubbio che il clan dei cacciatori è fortemente determinato a difendersi, con ogni mezzo, pressappoco come il clan dei mafiosi. Questa, nell’insieme, è essenzialmente gente che maneggia armi, i custodi delle armi, la casta dei guerrieri di questo tempo e di questo popolo. E’ gente che rifiuta il civile confronto (vedi referendum) non tanto perché senza scrupoli, ma perché, scrupolosamente, non vuole tradire l’essenza morale di cui sono portatori, che è appunto la sopraffazione, la “legge del più forte”. Sopraffazione brutale sui più deboli: per la mafia, questi sono gli umani; per i cacciatori, gli animali (indice se si vuole di una leggera “sublimazione”).
Ed i guerrieri fanno paura, come vediamo appunto in politici e giornalisti, che evitano contrasti diretti, aperti con mafiosi e cacciatori, alla stessa maniera. Mentre una certa cautela verso i mafiosi è comprensibile, quella verso i cacciatori, se sono quegli sportivi innocui e giocherelloni che vogliono far credere, è meno giustificata. A meno che essi siano in fondo della stessa pasta e famiglia dei mafiosi, come ben sanno quei grandi sensitivi che sono i politici.
Sono, tutti assieme, i sacerdoti della violenza e della brutalità, i sostenitori di questi arcaici “valori”, che sembrerebbero risiedere nella primitiva zona limbica del nostro cervello e che a suo tempo hanno aiutato la razza umana, appena scesa dagli alberi, a sopravvivere a condizioni estreme. Mentre nei mafiosi questo è meno evidente, occultato dal fatto che essi perseguono in concreto loro interessi materiali, nei cacciatori questo è, mi pare, palese. Essi non hanno alcun interesse di rilievo a difendere il loro diritto di sterminio della fauna italiana, mi parrebbe. Quindi la loro accanita resistenza deve avere come obiettivo loro “valori” profondi, di natura quasi religiosa. E politici e giornalisti, con il loro grande fiuto, questo lo intuiscono e di fatto rispettano.
Non è tanto facile condannarli. In fondo, paura a parte, tengono presente e tacitamente rispettano una “minoranza religiosa”, una minoranza primitiva, che ci impedirà, finche esisterà, di dirci moderni, europei, ma pur sempre presente.
Inoltre, non si sa mai, il progresso verso forme superiori di civiltà, che tutti considerano certo e unidirezionale, potrebbe invece prendere una piega diversa e riportarci sugli alberi, mentre i nostri polli potrebbero crescere, ingigantire, uscire dagli allevamenti e darci la caccia, come i loro antenati dinosauri ai vecchi tempi. E allora per difenderci a chi potremo rivolgerci se non ai nostri cacciatori ? E questo i politici lo sanno.

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